Una nuova legge-quadro per lo sport per tutti. Intervista a Edio Costantini

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Parlare di sport in modo intelligente è un piacere sottile, una boccata di ossigeno che ci strappa dal chiacchiericcio mediatico sul nulla. Farlo con Edio Costantini, Consultore per il Pontificio consiglio per i Laici e Presidente della Fondazione “Giovanni Paolo II per lo sport” fa allargare la mente ed è un peccato non riportare la discussione per la lettura da parte di tutti.

Siamo per questo motivo onorati di riportare qui un’intervista fatta proprio ad Edio Costantini, che tocca e approfondisce temi su cui tutti noi dovremmo riflettere.

1) L’Associazione “Fioravante Polito” con cui collaboro ha fondato una delle poche Biblioteche italiane a tematica sportiva, intitolandola ad Andrea Fortunato, ci piacerebbe conoscere il suo suo pensiero su questa iniziativa.

È certamente una bella ed autorevole iniziativa. La cultura sportiva italiana è molto sommaria e superficiale. Interamente “calcio-centrica”, protesa sullo sport che fa spettacolo e business e addirittura ritiene che esso sia tutto lo sport, l’unico degno di interesse. La cultura sportiva di questo Paese viene ancora misurata con le medaglie e i record conquistati. Pertanto, creare una biblioteca dedicata esclusivamente allo sport, come avete fatto voi, è stata un’impresa culturale di grande valore. Lo sport ha ancora molto da dare all’individuo e alla società, a condizione che il modello di sport perseguito non sia solo quello professionistico, ma sia anche quello dello sport per tutti, che costruisce cittadinanza, partecipazione, educazione, formazione umana, integrazione e coesione sociale.

2) Uno degli scopi della nostra associazione riguarda l´introduzione di una legge per l´esame dei valori ematici obbligatori dai 6 ai 18 anni, occorrenti per il rilascio della certificazione medica per i praticanti sportivi agonistici e non e durante l´attività; lei ci sostiene in questa nostra battaglia, un suo giudizio?

È un’iniziativa intelligente e mi auguro che la proposta di Legge venga presa in seria considerazione dal Parlamento ed approvata. Purtroppo la visita medico sportiva viene sempre considerata una banale formalità. In realtà essa rappresenta un passo fondamentale e preventivo per chiunque abbia intenzione di iniziare un’attività sportiva, agonistica o amatoriale.

3) Che messaggio può lanciare il calcio giovanile e quale ruolo sociale può assumere all’interno della società.

Il Calcio è un’attività sportiva tra le più significative dei giovani. Esso riproduce su un piano simbolico la realtà della vita, che è impegno, sacrificio, lotta, sofferenza, ma anche gioia, speranza, soddisfazione e felicità. Milioni di ragazzi italiani sono cresciuti e sono diventati adulti e bravi cittadini praticando il calcio. Alcuni di loro sono diventati anche dei grandi campioni. Così facendo – il calcio – ha svolto in Italia una vera opera educativa che ha affiancato per diverse generazioni la famiglia, la scuola, la parrocchia nella costruzione della “comunità delle persone”. Purtroppo costa fatica proporre un calcio di qualità, capace di accogliere i “volti” di tutti i ragazzi: i bravi e i meno bravi, abili e disabili, i cosiddetti campioni e le “scamorze”. Una cosa importante è che non possiamo considerare i nostri giovani dei semplici consumatori di servizi sportivi ed offrire loro solo partite di calcio, ma dobbiamo aiutarli ed orientarli, proprio attraverso l’esperienza sportiva, a dare un senso alla loro vita e a diventare campioni, se possibile, ma innanzitutto bravi cittadini. C’è un vero bisogno di società sportive che siano anche luoghi educativi, d’incontro e di amicizia, e le cui attività sportive ed associative si offrano come autentiche esperienze di vita.

4) La Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, che lei presiede, si prefigge l’obiettivo di coltivare e trasmettere l’insegnamento di Giovanni Paolo II applicando il Magistero della Chiesa nell’ambito sportivo, con un’attenzione particolare verso il mondo dei giovani.

Educare e far crescere i ragazzi e i giovani praticando lo sport secondo il pensiero di Giovanni Paolo II è la vera missione della Fondazione ” Giovanni Paolo II” a questo proposito ha lasciato all’associazionismo sportivo il richiamo ad un impegno forte, ad una missione che non si può esaurire in funzione della semplice promozione dell’attività sportiva ma deve andare oltre, per contribuire a rispondere alle domande profonde che pongono le nuove generazioni circa il senso della vita, il suo orientamento e la sua meta. In questa affermazione c’è la chiave per interpretare il ruolo educativo della pratica sportiva e riscoprire il significato profondo del gioco, del movimento e dell’agonismo, come forze positive e come valori fondamentali per l’uomo, e riconoscervi la presenza di Dio e del Suo disegno per gli uomini.

5) Qual è il suo ricordo di Giovanni Paolo II. Nei vostri incontri parlavate molto di sport?

Il grande Karol è stato nostro capitano. Nei suoi ventisei anni di pontificato ha stupito ed affascinato il mondo intero. Ha saputo trasformare in entusiasmo l’indifferenza di tanti giovani. Io impazzisco letteralmente ogni volta che risento i suoi discorsi. Mi sento catturare dalla vitalità del suo linguaggio, quasi che non siano parole, ma spintoni, ustioni, che non riesco a cavarmele dal cuore, vi si annidano fino a farlo scoppiare e continuano a ripetermi: “Alzati, ascolta, mettiti in cammino”. Abbiamo tanti buoni motivi per continuare a ringraziarlo ed implorare il suo aiuto. Ci ha lasciato un’eredità grande, ricca di tanti interventi magistrali, frutto di una sollecitudine pastorale verso i più deboli, i ragazzi e i giovani. Pagine di discorsi apparentemente semplici ad una prima e veloce lettura e che invece ti catturano “il cuore” appena le scandagli in profondità. E proprio attraverso il suo amore per il Vangelo ci ha riproposto con forza il valore non negoziabile della persona umana e dell’obbligo urgente di fare la storia e di farla dalla parte dei poveri, degli sfruttati, degli oppressi. Ci ha mostrato orizzonti sconfinati. Ci ha indicato come diventare protagonisti. Ci ha costretto a rimboccarci le maniche, a sudare, a conquistare la meta, pezzo dopo pezzo.

6) “Correre sulle orme di San Paolo” è stato un grande evento sportivo, culturale e religioso organizzato dalla fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, per promuovere i valori, le virtù e i nuovi luoghi educativi dello sport. Dopo la partenza da Gerusalemme il 23 Aprile, ci racconti in breve le sensazioni e il messaggio degli altri 34 giorni, fino all’arrivo a Roma il 27 maggio.

“Correre sulle orme di San Paolo” è stato un grande evento culturale, religioso e sportivo in grado di portare migliaia di giovani e non giovani a solcare le strade percorse da San Paolo duemila anni fa. La maratona è stata anche un pretesto per discutere di sport, di educazione e di emergenza educativa. Ogni tappa, infatti, ha ospitato un convegno sul tema “Avere a cuore il destino dei ragazzi. I nuovi luoghi educativi dello sport”, in cui sono stati promossi momenti di confronto con gli educatori, gli amministratori locali, i dirigenti sportivi, sacerdoti, insegnanti, per ascoltare le proposte di quanti hanno a cuore il futuro dei giovani. Entusiasmante è stato il nostro arrivo a Roma e l’incontro con Benedetto XVI.

7) Lei è stato nominato da Benedetto XVI Consultore per il Pontificio consiglio per i Laici. In cosa consiste il suo ruolo?

Sono grato al Papa Benedetto XVI per la nomina a Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici. È stato un bellissimo regalo che ho accettato di cuore. Il Pontificio Consiglio per i Laici, presieduto dal card. Stanislaw Rylko, è il Dicastero della Curia Romana che coadiuva il Santo Padre nella promozione e nel coordinamento dell’apostolato nella vita cristiana dei laici. In particolare questo Dicastero cura i rapporti con le Conferenze Episcopali nel mondo e con le Chiese locali, con le associazioni ed i movimenti di tutto il mondo.

8 ) Il suo sogno nel cassetto?

Sogno una Legge quadro per lo sport. Chissà quando verrà l’occasione di mettere intorno ad un tavolo tutti i soggetti promotori dello sport italiano per arrivare alla formulazione di una legge quadro che servirà a fare funzionare meglio questo comparto della vita nazionale che muove milioni di persone e migliaia di milioni di euro di fatturato, ma cammina con le scarpe vecchie e logore di più di sessant’anni. L’Italia ha un modello sportivo molto particolare. Salvo un breve periodo in cui c’è stato un Ministero dello sport, il Governo esercita sul comparto sportivo solo una funzione di vigilanza, per lo più tramite un apposito Sottosegretariato. La funzione di governare lo sport è demandata al Comitato Olimpico Nazionale Italiano, cosa che non accade in nessun altro paese. Questa funzione, attribuita dal Parlamento al CONI nel 1947, è stata confermata dal D.L. 15/2004. Poiché non esiste una Legge-quadro sullo sport che definisca almeno in che modo la materia sportiva debba essere intesa nel suo insieme e come debba essere regolata dal CONI e dagli altri eventuali soggetti pubblici e privati, lo sport professionistico convive con lo sport per tutti, che è il più esteso e il più strutturato dell’Europa occidentale e il meno tutelato legislativamente. Infatti, in nessuna parte del mondo il finanziamento allo sport per tutti è gestito – con criteri ampiamente discrezionali – dal sistema olimpico nazionale. Ne deriva uno sbilanciamento di energie e di attenzione. Una Legge-quadro non solo guarirebbe questo potenziale “conflitto di interessi”, ma definirebbe anche come dovrebbero essere usate le “chiavi” della politica sportiva, che la riforma costituzionale del 2001 ha assegnato alle Regioni, «salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». Ormai tutto l’associazionismo dello sport per tutti ritiene che sia giunto il momento perché il legislatore si accorga, traendone le opportune conseguenze, che esiste nel Paese un modello sportivo diverso da quello olimpico tradizionale, che con questo convive ma ha bisogno di essere riconosciuto, inquadrato e sostenuto nella sua peculiarità e per la sua spiccata funzione sociale. Sulla base di queste considerazioni è bene che sia la “politica”, senza trincerarsi dietro l’alibi dell’autonomia dello sport (una favola per ingenui), a dare vita ad un movimento culturale che “rivoluzioni” la sottocultura sportiva esistente in Italia e il suo sistema sportivo. Un movimento di idee, progetti e strategie che possa coinvolgere il Governo, il CONI, con tutte le componenti del mondo sportivo, le Regioni, gli Enti Locali, la Scuola, le famiglie e tutti gli altri soggetti interessati alle dinamiche sportive per dare forma ad una Legge quadro che riduca le disuguaglianze nello sport e riscriva l’intero sistema sportivo italiano. Questa è la vera sfida e qui va provata la vera responsabilità del mondo politico e di quello sportivo.

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