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La squadra ha giocatori di livello medio, che in un periodo eccezionale di forma possono diventare quasi imbattibili. La difesa gira intorno alle lune di Howard e alla robustezza di Bocanegra. Peccato per Onyewu che ha perso tutto dopo aver dimostrare di valere tanto. A centrocampo predomina il coraggio: Bradley davanti alla difesa e Dempsey incursore hanno poco da invidiare a tutti i centrocampi mondiali e se l’ala Beasley e il giovane Jay DeMerit avranno la voglia giusta, sono guai. In attacco Altidore deve metterci il fisico per fare un lavoro alla Toni 2006 e Donovan si spera faccia il Totti più mobile. Sembra sia chiaro che Freddy Adu è un bufalotto da panchina, mentre la mancanza tragica di Davies peserà tantissimo per il suo ruolo di accordo tra centrocampo e attacco e per la sua corsa sfiancante per qualsiasi difensore.
Squadra ordinata e feroce, che magari poco ci azzecca con l’aura di Chuck Palahniuk, ma sicuramente molto con la sua scrittura. Da poco ho letto “Gang Bang” (Mondadori, 2008), scelto perché Fight Club ha comunque significato qualcosa, poco per la copertina porno-vintage,
Il testo scorre tra fatti di cazzo e di cuore ma dice una cosa su tutto: quest’America e sempre più questo mondo ha bisogno di vedersi rappresentata per credere in se stesso.
Figlio e profeta di un’America schizoide, dove i sentimenti sono marchiati a lurido, Chuck Palahniuk modella una delle materie tematiche che più lo attizzano: il sesso/porno, ma con questo libro scrive prima di tutto della nostra società, denudandoci. Fin dove può arrivare il desiderio di immortalità congenita alla nostra irrefrenabile voglia di apparire? Questo libro è da leggere veloce, seguendo il ritmo rapace delle parole e delle statiche vicende. Palahniuk mostra l’America del gigantismo per esistere: se non si hanno nuove idee informatiche o si vara una band di dubbie tendenze sessuali, non ci resta che morire con il contabile del Guinness dei primati nei paraggi, affinché la nostra prima volta diventi anche l’ultima.
Alla fine del la storia tutti muoiono almeno un po’, perché i 15 minuti passano e si resta quello che si è.