C’è gente che ogni quattro anni è felice

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Mondiali di calcio
Mondiali di calcio

C’è gente che ogni quattro anni cambia fisionomia e umore. E lo fa verso la fine di maggio: un camaleonte pre-estivo e bis-bisestile. Iniziamo a cambiare le pupille verso il 20 quando nell’aria si sente qualcosa e a pagina 15 dei giornali appaiono i primi trafiletti. Andiamo in amore già al 30 con le amichevoli che sono scientificamente i preliminari più arrapanti possibili. E squamiamo i primi di giugno, ascoltando, leggendo e pensando un solo pensiero.
C’è gente che ogni quattro anni riclassifica per un mese le sue priorità. E scopre, il 12, 13 o 14 luglio, quanto è stato egoista. Ma quando c’è dentro se ne fotte di mogli, fidanzate, figli, padri, madri e amici non sintonizzati sulla stessa stazione. Siamo eroinomani della porta accanto con il volume su.
C’è gente che ogni quattro anni entra in una fase autistica molto profonda. Portieri ghanesi, centrocampisti honduregni e ali sudcoreane accompagnano il quotidiano e ne diventano il fulcro. Non riusciamo a nutrirci bene senza conoscere il calendario del giorno successivo.
C’è gente che ogni quattro anni va in autoipnosi regressiva: si riporta ai quattordici anni e rivive intatte le sensazioni del suo Mondiale assoluto (Il Mondiale assoluto è quello che hai vissuto fra i 13 e i 15 anni. È il virus che ha impiantato l’elemento cronico, un parametro di assolutezza emotiva da cui dipartono le traiettorie successive).
C’è gente che ogni quattro non guarda semplicemente delle partite di calcio ma si costruisce uno strabiliante spettacolo umano, interessandosi alle fattezze e alle storie di tutti: il basso, il nero, il tipo col naso aquilino, il grassoccio. Mettiamo in scena una commedia umana disponendo i nostri highlights sullo stage del cervello.
C’è gente a cui ogni quattro anni viene ripetuto: “Ma te le vedi tutte?”. E tu guardi l’interlocutore con viva e addolorata pena. Non soffri per la diversità o la distanza ma per la naturale incomunicabilità umana.
C’è gente che ogni quattro anni apre una parentesi grande e scioccante quanto uno sbrego nelle lenzuola di seta nuove. Tutti a ripetergli di svegliarsi e cambiarle, mentre lui dorme e sogna.

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