Letteratura Sportiva

ALL’ULTIMO RESPIRO. STORIE DI MIRACOLI IN ZONA CESARINI. INTERVISTA A SERGIO TACCONE

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Ti crea più dolore subire un gol all’ultimo minuto o felicità vederne segnare uno dalla tua squadra?


Più gioia, non c’è dubbio. Ma sono le due facce della stessa medaglia: felicità e dolore. Una rete nel finale della tua squadra del cuore libera nella tua mente tante energie positive. Dopo un gol di Vinicio Verza, in un derby milanese del 1985, per la gioia lessi tutto il Don Chisciotte, ovviamente in una versione adattata per la scuola media. Non avevo ancora compiuto tredici anni.

Qual è per te il più “cesarinesco” dei gol in zona Cesarini. Devi sceglierne uno.


È un autogol: quello propiziato da Maurizio Ganz nel maggio 1999, a San Siro, in un Milan-Sampdoria conclusosi 3-2. Quando il sogno scudetto rossonero sembrava ormai svanito quella deviazione del difensore blucerchiato Castellini rimise in corsa il Milan che alla penultima giornata riuscì ad effettuare il sorpasso sulla Lazio e vincere il titolo.

Tu racconti spesso il calcio tra la fine degli anni ’70 e inizio ’80. Tre cose che aveva quel calcio che adesso non trovi.


L’emozione delle partite giocate in simultanea che aumentava l’adrenalina. Gli spazi per il racconto erano molto più ampi di oggi. Ci sono pezzi di partite degli anni ‘70 e ‘80 che sono delle vere e proprie perle di giornalismo e narrazione. Sono molto legato alle annate del Guerin Sportivo tra il 1978 e il 1987: numeri meravigliosi con veri fuoriclasse del giornalismo. Oggi la tv ha fagocitato quasi tutto anche se restano delle oasi per raccontare le “storie di cuoio” in un certo modo. Una di queste è la pagina sportiva del quotidiano Avvenire. La terza cosa che aveva il calcio degli anni ’70 – inizio ’80 è la presenza di grandi campioni e con un tasso tecnico generale più elevato. Ne cito tre su tutti: Rivera, Platini e Maradona, il più grande.

Tre cose di bello che invece ha il calcio di oggi ha rispetto a quello ’70-‘80


La possibilità di avere con estrema facilità informazioni, pur con i rischi del caso. Vedasi il fenomeno delle fake news e del sensazionalismo che oggi è molto più diffuso di ieri. Le opportunità sono più ampie, prendiamo quella che un tempo era la Coppa dei Campioni: oggi partecipano anche squadre che negli anni ‘70 e ‘80 avrebbero fatto la Coppa Uefa che era una signora competizione. La terza cosa bella rimanda al passato: la possibilità di avere a portata di clic un archivio sconfinato di immagini e video. Cose impensabili in passato.

Ami tanto anche il calcio di provincia. C’è un eroe del tuo territorio che pochi conoscono. Cosa lo ha contraddistinto?


Nei miei racconti del futbol di provincia, che dieci anni fa ho raggruppato in un libro, parlo spesso di Antonio Giuliano, siciliano della provincia di Siracusa come me. Uno che avrebbe potuto fare il grande salto. A metà degli anni ‘80 lo cercarono anche un paio di società di serie A. Ha preferito lasciare il calcio per avere più tempo libero. Aveva classe e grandi potenzialità. Soriano lo avrebbe inserito nel ristretto gruppo di calciatori che creano un nuovo spazio dove non avrebbe dovuto esserci spazio. I poeti del gioco.

Su quale personaggio dello sport scriveresti un libro?

Su Rob Rensenbrink. Mi interessa il tema della “gloria sfiorata”, dei secondi che sono arrivati ad un passo dall’obiettivo senza afferrarlo e che rischiano di finire nell’oblio. Nel caso dell’olandese questa distanza misurò pochissimi centimetri. Quel palo nella zona Cesarini della finale mondiale ’78 marcò la differenza tra l’apoteosi e la delusione. 

Quali sono per te i tre libri di letteratura sportiva da leggere a tutti i costi?


“Ribelli, sognatori e fuggitivi” di Osvaldo Soriano, “Splendori e miserie del gioco del calcio” di Eduardo Galeano e uno recentissimo: “1899 Milan le storie” del quartetto Cervi, Ansani, Sacco, Sanfilippo. Ma l’elenco dei libri imprescindibili è molto lungo e non comprende solo il calcio.

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