I giorni di Parigi. Rai, postmoderno e cultura attraverso lo sport.

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I_giorni_di_Parigi_RaiNon sono mai entrato in Rai né ho mai avuto contatti diretti, ma ho una sensazione personale: quando si fidano dei professionisti che hanno, fanno sempre ottimi prodotti.
Molti di voi ne hanno già parlato e io ho visto quasi tutte le puntate de “I giorni di Parigi”. Questo programma è il tipico esempio di una televisione che si fida di chi ci lavora e, senza parlare di carta bianca che non è mai la metodologia giusta in quanto tutti sanno a prescindere il target, lo stile e la storia di un canale e di una televisione, dà la giusta libertà nel realizzare prodotti di qualità.
Quello che mi ha stupito de “I giorni di Parigi” è la sua contemporaneità nel linguaggio: in puro stile post-moderno mette insieme linguaggi, espressioni e argomenti distanti fra di loro che si tengono insieme non tanto grazie a un tema unico (ad esempio, l’ultima puntata poteva essere la partita Belgio-Galles), ma per una sorta di filosofia del programma stesso che punta a connessioni alte fra sport e cultura.
“I giorni di Parigi” utilizza l’evento Europei come contenitore di interessi ed emozioni ma ci parla di tanto altro, sviluppando tanti fili narrativi da percorrere con loro ma poi da approfondire e conoscere meglio (questo è il servizio pubblico del 2000).
La sigla iniziale è già puro materiale post-moderno: immagini d’archivio (l’archivio è utilizzato dalla Rai in quanto sua grande forza. Programmi che si basano su di essi sono molto ben fatti e interessanti. Riuscire a far parlare l’archivio con il contemporaneo, come in questo caso, è il passo successivo) si uniscono a immagini attuali, con connessioni flash con musica e cinematografia. Solo la sigla è un piccolo saggio da cui partire.
I primi minuti della puntata sono quasi sempre alla Dribbling e presentano la parte calcistica, per poi tenerla come sfondo e iniziare a svariare sul tema. La scelta di annullare il voice-over, il che segna fin da subito lo stacco dalla parte iniziale, e lasciar parlare i protagonisti delle storie e le sole immagini è una trovata già vista ma sempre d’effetto. Contributi diversi creano un racconto unico e completano l’universo che ruota intorno ad un evento sportivo di questa portata mondiale. Anche la musica è pura sensazione e non didascalia o contrappunto. Serve a dare suggestioni di luoghi, momenti, personaggi, eventuali sviluppi, senza perdere però la rotta e andare dove portano le orecchie.
In sintesi, “I giorni di Parigi” è un programma di grande qualità e di scrittura competente, nasce dalla volontà di seguire una cultura e letteratura sportiva che per fortuna in Italia è viva e lotta contro il tanto mainstream da bar (ma da bar finto, ricostruito in studio, il vero bar offre spunti eccezionali). Vedo che pian piano questa nuova voce sta diventando qualcosa di più della schicchera nerd o, per dirla alla buona, del radicalismo chic applicato ovunque. Un nuovo modo di vedere e parlare (e scrivere ovviamente) di calcio e sport è cultura, né più né meno (Undici, L’Ultimo Uomo sono e fanno questo).
E pensare che la Rai abbia percepito questo mood, lo abbia fatto suo, e abbia anche fatto un passo più in là rispetto a Sky da un lato mi fa sorridere (sorrido pensando a quelli che si esaltano per “I giorni di Parigi”, come se la Rai dovesse fare solo il nazionalpopolare più spinto che c’è) e dall’altro attendere nuovi e ancora ottimi prodotti.

P.S. Ho letto sul web: “Se “I giorni di Parigi” lo avesse fatto Buffa, la gente si sarebbe strappata i capelli”. Ci ho riflettuto su questa cosa ed è sempre interessante quando qualcuno ti sottolinea comparazioni. “I giorni di Parigi” è un programma totalmente differente rispetto ai programmi di Federico Buffa. Per stile e soprattutto per modalità narrative siamo molto distanti (distanti nel senso di diversi, non di migliore-peggiore). Entrambi i format aprono alla riflessione culturale sullo sport e “I giorni di Parigi” fa una cosa interessante rispetto a Buffa: fa parlare le storie mentre la Storia accade. Non è un meraviglioso saggio buffiano, è cronaca e riflessione intellettuale su quello che è cultura oggi e diventerà storia domani intorno all’evento.

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