Il tassista di Maradona di Marco Marsullo è un libro coraggioso. Coraggioso perché è un libro di letteratura sportiva. Se parli con qualcuno del marketing in una casa editrice, sentirai ancora il concetto “target di nicchia”. Per il soggetto. Jorge Alberto González, detto Mágico, è un calciatore forse conosciuto in parte solo in Spagna, mentre in Italia è assolutamente un signor nessuno. In terzo luogo per il focus: il titolo cita il Bassissimo ma è un giochetto editoriale che Marsullo nel testo utilizza con cura, esaltando invece la carriera ma soprattutto l’essere altro del Mágico Gonzalez.
Per tutti questi motivi dovremmo seguire con grande attenzione la traiettoria del libro di Marco Marsullo, perché il suo percorso può significare molto per la letteratura sportiva italiana.
Ecco alcune domande che ho rivolto a Marsullo.
Quando e come hai conosciuto la storia del Magico Gonzalez?
Rizzoli mi aveva contattato per sondare la mia disponibilità a scrivere per loro un romanzo “sportivo”. Le mie prime idee furono due: ripercorrere la finale sciagurata del Milan contro il Liverpool in Turchia (sono assai milanista, dalla nascita) e, l’altra, di raccontare la vita di Gilles Villeneuve, mio pilota da corsa preferito di sempre, insieme a Senna. Poi un amico mi raccontò la storia del Magico, che io non conoscevo neanche. Ne fui assolutamente rapito e qualche settimana dopo ho prenotato un aereo per Cadiz: dovevo conoscere i suoi luoghi, camminare per le sue strade e parlare con le persone che lo avevano conosciuto. E ho fatto bene, è stato un viaggio speciale. Cadiz è meravigliosa, per un uomo del Sud come me.
Per un romanziere le personalità come El Magico sono stimolanti grazie al loro essere altro rispetto alla normalità oppure rischiano di essere anche troppo diverse per poter costruire un percorso narrativo coerente?
Per me è stato il primo caso, molto stimolante. È stato un calciatore, e un uomo, unico. Un guazzabuglio di contraddizioni poetiche e malinconiche. La sua storia mi è piaciuta talmente che, mentre scrivevo, faticavo a capire dove iniziavo io e finiva lui. Era il personaggio ideale per un romanzo.
Io l’ho visto anche come un libro sull’archetipo delle persone che tramontano, ovvero su tutte quelle persone (e, avendo ragione Warhol, il numero crescerà sempre di più) che hanno visto spegnersi l’occhio di bue sotto il quale hanno vissuto per un po’. Può essere letto anche in questo modo?
Certo, è un’ottima interpretazione. Volevo trasparisse netta questa sensazione, insieme a un’altra: El Mago l’occhio di bue sulla sua testa neanche lo voleva. E anche se c’era, perché uno come lui per forza di cose doveva averlo, a lui non importava un accidenti. Warhol ci sarebbe uscito pazzo, per uno come lui, gli smontava completamente la tesi sulla celebrità.
Con una scelta giusta hai abbinato, schiacciando un po’ sull’acceleratore della fantasia, Maradona e Magico. L’idea l’hai avuta nel momento iniziale del racconto o quando avevi intenzione di costruire un link con qualcosa di più noto?
L’idea è nata subito perché ho scoperto che Maradona e Jorge erano molto amici. Di quell’amicizia basata sul rispetto e l’ammirazione, non sulla conoscenza reale, intima. E poi sono così simili, l’unica differenza è che, però, Diego è un altro po’ più simile a Dio.
Mi piace molto l’idea che alcuni idoli possono nascere solo in determinate città? Cosa lega Cadice ed El Magico?
Credo li leghi la malinconica certezza del domani. Che però è un’incognita di amore e passione. In quella città non c’era angolo che non parlasse di amore. Di amore consumato dal tempo, dagli addii, dalle promesse mancate. Una città che era già un numero 10. Anche se Magico giocava con l’11. Valli a capire, i misteri dell’amore.
Far scoprire calciatori che in Italia conoscono in pochi è coraggioso, farlo con un romanzo è quasi follia. Eppure ci sei riuscito benissimo. Cosa ti dà più piacere in una scelta del genere?
Proprio questo. Sapere che qualche migliaio di persone si sia imbattuto in una storia imperdibile, che altrimenti sarebbe stata dimenticata prima di conoscerla.
Quale altro personaggio calcistico laterale ti piacerebbe raccontare?
La storia della nazionale islandese di calcio. Nei dieci anni prima degli ultimi Europei. Pura poesia. Il calcio sotto al ghiaccio.
Ed uno invece non sportivo?
Beppe Fiorello, ne sono ossessionato, ma non chiedetemi perché. Anzi, vi lascio con una provocazione: che abbia avuto, a oggi, una carriera migliore del fratello? Per me, sì.