È ARRIVATO IL MOMENTO DELLE ESPULSIONI TEMPORANEE NEL CALCIO

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Il calcio contemporaneo, almeno quello professionistico (anche se ho visto partite di Promozione impostate da entrambe le squadre allo stesso modo), si può spiegare in una sintesi estrema. Attraverso lo spostamento più veloce possibile del pallone e degli uomini in determinati settori e bande verticali e orizzontali secondo cui è diviso il campo da gioco, in fase di possesso palla l’obiettivo è trovare un uomo in uno spazio libero, senza la pressione vicina di un avversario, così da poter poi innescare un effetto domino che avvicina la squadra alla porta e quindi alla conclusione. 
L’esempio più evidente è ovviamente il Manchester City di Guardiola che spesso mette il calciatore al centro dell’area di rigore da solo davanti al portiere, perché questo effetto domino si è avuto alla perfezione e gli avversari non sono riusciti a chiudere i buchi che a valanga si aprivano.
Se oggi il calcio è questo e non credo ci siano obiezioni possibili (potremmo dire anche che si marca ancora a uomo, ma io l’ultima che l’ho visto con questi occhi è stata quella di Pessotto su Zidane a Francia ’98), allora c’è un problema evidente nel caso una delle due squadre in gioco perdano un uomo, che viene allontanato definitivamente dal campo.
Quell’obiettivo di trovare l’uomo libero, nello spazio libero, con il tempo giusto di cui sopra, diventa troppo facile per una squadra in superiorità numerica, perché per gli altri la coperta è troppo corta e per quanto tutti e 9 i giocatori di movimento vogliano spolmonarsi, il rattoppo può reggere per qualche minuto, ma è destinato a diventare uno sbrego.
L’ultimo esempio in ordine di tempo è stata la semifinale tra Italia e Spagna in Nations League. Appena espulso Bonucci, la Spagna ha accelerato solo un po’ per lo 0-2 e poi abbiamo visto 50 minuti di nulla in cui gli spagnoli volevano che passasse il tempo in fretta (si erano così appisolati che hanno preso gol da uno che ha corso dritto per dritto dalla sua area di rigore), mentre noi, sempre in ritardo di un tempo di gioco, arrivavamo sulle loro figure e tutta birra, cercando di azzopparne il più possibile. 
In poche parole 50 minuti di spettacolo orrendo, anzi di non-spettacolo, proprio quello il calcio non si può permettere.
Nell’ecosistema dell’entertainment globale, non puoi pensare di far pagare uno spettacolo che poi termina al 40esimo del primo tempo, 50 minuti prima della fine stabilita, è una pazzia.
L’unica soluzione che vedo non è assolutamente l’imbarbarimento del gioco, come quello sistematico che si faceva sui talenti negli anni ’80, ma l’introduzione dell’espulsione temporanea.
Con l’espulsione temporanea il regolamento sui contatti può anche essere più ferreo di così, in modo che non spinga i calciatori a fare un maggior numero di falli sistematici, perché di fronte a questi l’arbitro non deve esitare a estrarre i gialli che portano all’allontanamento temporaneo del calciatore dal campo. In casi di violenza appurata ed evidente, ovvio che l’espulsione definitiva deve restare, ma di fronte all’accumulo di due gialli per interventi o altri fatti di gioco non estremamente violenti (e per valutare il grado di violenza c’è il VAR), non è sostenibile un’espulsione definitiva che letteralmente fa terminare la partita e lo spettacolo.
Non deve esistere un calcio in cui vince il più violento, ma nemmeno uno spettacolo in cui un fatto decide in maniera non negoziabile tutto molto prima dell’effettivo esito dello spettacolo stesso. 

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