“ANDRES INIESTA. COME UNA DANZA” – INTERVISTA A GIANNI MONTIERI

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Nel libro mostri e spieghi una particolarità tutta di Iniesta, ovvero il fatto che accelerava quando intorno a lui tutto rallentava e frenava quando tutto diventava frenesia. Questo accadeva perché conosceva il tempo assoluto del calcio e lo manipolava a piacimento o perché creava il suo tempo ed erano gli altri che si adattavano?

Io credo dipenda da entrambe le cose. Iniesta conosce il tempo assoluto del calcio e sempre la posizione del suo corpo rispetto a quella degli altri, nonché la posizione degli altri rispetto al campo da gioco e questo gli permette di porre fine ai momenti frenetici e di immaginare uno sviluppo – attraverso un’accelerazione – durante un momento di eccessiva stasi. Per Iniesta credo funzioni un po’ come per il musicista che possiede il dono dell’orecchio assoluto e riesce a suonare una melodia solo per averla ascoltata. Lui è stato in grado di applicare una serie di variazioni agli spartiti meravigliosi di Barcellona e Spagna.

Vedere Iniesta giocare sembra così inimitabile. Eppure era un gioco che si basava due cose: stoppare bene e passare bene il pallone. Come è riuscito Iniesta e quel Barcellona a far diventare così meravigliosa una combinazione semplice e basilare del gioco del calcio?

Il problema è il come e il quando, ovvero come stoppi la palla e qual è il momento in cui te ne separi. Iniesta con il primo controllo orienta già l’azione verso l’istante successivo, sa già se serve tenere il pallone, e a quel punto comincia la danza, con magari due o tre avversari intorno, che, per diversi e incomprensibili motivi, non riescono a portargliela via. Abbiamo visto Iniesta tenere il pallone anche 15, qualche volta 20 secondi, un tempo infinito. Sapere già cosa voler fare prima che arrivi il pallone gli fa poi decidere di disfarsene di prima, o con uno o due tocchi al massimo, o saltare il primo avversario con una finta e poi far continuare il gioco. Hai ragione, è tutto molto semplice, ma la semplicità appartiene a pochi sul campo da calcio, per chi assiste si traduce in meraviglia.

Andrés Iniesta, come una danza


Perché secondo te e secondo Guardiola Iniesta è stato l’acceleratore perfetto per attivare il gioco di quel Barcellona?

Perché ha un’intelligenza che non ha eguali, per Guardiola avere contemporaneamente Iniesta e Xavi significava tutto, ha voluto dire avere gli occhi dentro il campo, forse Iniesta in quell’economia è contato più di Messi. Nel libro racconto un episodio: dopo le prime partite della prima stagione di Guardiola allenatore le cose non andavano molto bene, la stampa e il pubblico erano molto critici. Un giorno Iniesta entra nell’ufficio di Pep e dice: “Noi crediamo in quello che stiamo facendo, ti seguiamo andrà tutto bene”. Andrés poi chiude la porta e se ne va. La partita successiva il Barcellona la vince a Gijon per 6-1, con gol (tra gli altri) di Iniesta, Xavi, Messi. Cominciava lo spettacolo. E allora è stato l’acceleratore perfetto anche perché quando la macchina tardava a mettersi in moto ha girato la chiave.

Per il tuo amore viscerale, ma anche per una forma d’amore che lo stesso Iniesta ha sottolineato, fai parlare lo spagnolo di Maradona. Sembra che tutto li separi, mi trovi un elemento che li unisce?

Ne trovo almeno due. Il primo riguarda l’essenzialità: nessuno dei due ha mai fatto un dribbling o un tunnel che non servisse allo scopo, allo sviluppo dell’azione, al gol. La bellezza efficace, mai superflua. Entrambi poi sono di una correttezza estrema, leali verso i compagni e gli avversari. Sempre. E poi te ne do una terza, tutti e due sanno quanto pesa la Coppa del Mondo. Per citare Diego che nel libro faccio citare da Andrés.



Il trio Busquets-Xavi-Iniesta avrà in futuro un posto d’onore al tavolo della storia del calcio, o saranno adombrati da tanto altro più facile da spiegare ai frettolosi posteri?

Io credo di sì, ancora adesso raccontiamo di combinazioni di giocatori del passato, di alcuni calciatori che insieme hanno aiutato una trasformazione del gioco. Loro tre insieme sono un simbolo, sono la transizione dal recupero in difesa all’attacco, e lo sono stati di quella che è stata una delle squadre più forte di tutti i tempi.

L’idea che un poeta parli di Iniesta è perfetta. Mi indichi chi e perché un calciatore contemporaneo meriterebbe la testa di un poeta per essere raccontato.

Se parliamo di quelli in attività, escluso Messi, mi viene in mente Salah, un giocatore incredibile, con queste movenze tanto repentine da sottrarre lo spazio agli altri come a fargli mancare il respiro, e poi forse Koulibaly perché lui riesce a dribblare entrando in scivolata. Stando a un passato non lontanissimo, per leggerezza, classe, intelligenza, rapidità di pensiero e d’azione, e perché l’ho molto amato, ti direi Thierry Henry.