Questa è una versione della pagina per dispositivi mobili, vedi pagina originale.
Che ciclismo stiamo vedendo. Cade, poi si riprende, come sta? Mah, vediamo tra un po’, suspence, è scattato? No! Ha forato? Boh! Rallenta, accelera, passa, contrattacca, addò va? Ha fatto bene! No, ha fatto male. Ci sono campioni giovani, coraggiosi, folli, strateghi… ma addò va? È ciclismo di salite decisive a 3 km dall’arrivo e non a 180 km. Come una volta. Sì, com’era una volta…. Ma si può sapere addò va?
Oggi in due ore di spettacolo ciclistico ci sono salite che salgono, discese che scendono, ciclisti che pedalano e addirittura balle di fieno rotanti che arrotano. Marvel non ti temo!
Venti/trenta anni fa non era così.
Venti/trenta anni fa la prima settimana di Tour de France era una uallera colossale.
Io tornavo dal mare. Faceva caldo. Erano dieci gradi in meno di oggi.
L’energia mi ribolliva, nonostante il mare stanchi. È il proverbio. Mangiavo con sciatteria adolescenziale… oggi pure i tredicenni appresso al paté-vabbé… sedevo da qualche parte e guardavo il Tour.
Ore di piattume. Fai conto una cinquantina di Ferrara uno dietro l’altra, però senza, che so, un Cosmè Tura improvviso che ridesta o qualche coniglietto di Palazzo Schifanoia (Borso d’Este avrebbe messo il Tourmalet il primo giorno, ma questo è troppo) ai bordi della strada.
Ore di gruppo compatto, ma così compatto che le scene di massa di Metropolis di Lang creavano meno angoscia.
Insomma uno sfrantecamento totale. E tu quattordicenne, con tutta la vita in corpo, costretto a capire Montale. In un pomeriggio di Tour.
Proposta: se siete felici, zeppi di quella felicità assoluta, chiamate le Teche Rai e fatevi passare sotto banco (credo sia illegale per istigazione al suicidio) la Lille-Armentières del 1994. Non ve lo dico per invidia. Così capisci che nella vita ci vuole equilibrio, fly down sempre, mille anni fa c’era Seneca che lo diceva, oggi serve la Lille-Armentièresdel 1994. E poi di sti tempi…
