Il fioretto femminile di Los Angeles 1984, come accaduto nel 1976 e nel 1980, fu organizzato con una serie di sfide in gironi multipli e a incastro, per poi aggiungere scontri diretti che a spiegarlo ci metterei un’ora. Anche perché non l’ho ancora capito.
In maniera molto sintetica, attraverso una burrascosa congerie di contese (la poesia ti toglie sempre dai guai), si arriva ai quarti di finale con la piccola cinese Jujie Luan che sfida la campionessa tedesca Sabine Bischoff. Se la tedesca era nota, chi era invece la cinesina?
Come spesso accade per i migliori talenti sportivi, in gioventù Jujie Luan aveva praticato tante discipline e infatti era una promessa dell’atletica leggera e del badminton, prima di passare alla scherma a 17 anni. Divenne subito molto brava e soprattutto tenace all’inverosimile. Una volta un fioretto rotto gli ferì un braccio. Lei continuò a tirare come se nulla fosse.
Senza tirarla nemmeno noi troppo per le lunghe, in quella Olimpiade divenne la prima atleta dell’estremo Oriente a vincere una medaglia nella scherma. Oggi sappiamo benissimo quanto conta questa parte del mondo in ogni arma.
L’anno prima però aveva partecipato alle Universiadi di Edmonton (vincendo la gara a squadre) e si innamorò del Canada. Nel 1989 infatti vi si trasferì e iniziò ad insegnare alla Edmonton Fencing Club, divenendo cittadina canadese nel 1994.
Già che c’era continuò a gareggiare e a 42 anni partecipò con il Canada a Sydney 2000. Ma già che c’era di nuovo continuò ancora e a 50 anni partecipò anche a Pechino 2008, riuscendo addirittura a battere al primo turno Inès Boubakri, che a Rio 2016 sarà bronzo.
In semifinale (e infine quarta perché battuta da Dorina Vaccaroni), la cinese poi canadese batté la rumena Elisabeta Guzganu-Tufan, un’atleta che magari alcuni di voi avranno incontrato perché da tanti anni allena in diverse scuole di scherma a Milano.