Il tifoso scrittore può lamentarsi, esultare, deridere, piangere (nel doppio senso di disperarsi e gufare), fare nostalgia a buon mercato. I libri che seguono una sola emozione non mi piacciono. Premettendo tutto ciò, il libro di Sergio Taccone, “Quando il Milan era un piccolo diavolo”, mi piace e tanto. La capacità di Taccone in questo libro è stata quella di sfiorare un po’ tutta la scala armonica delle emozioni tifose, senza abbandonarsi a nessuna, senza farsi vincere da uno stile troppo zuccheroso (ricordando il passato angusto) o peggio ancora orgoglioso (del tipo: “Io c’ero quando voi non c’eravate). Il tifoso vive la sua squadra come vuole, non c’è un modello o una condicio sine qua non, la squadra vive il suo tempo ed ha i suoi alti e bassi, così come il tifoso che emerge e viene sommerso dagli eventi della sua piccola storia. Oltre a scrivere da tifoso, Taccone è anche giornalisticamente molto attento a quegli anni, quasi del tutto dimenticati se non nelle tirate contro il tempo canaglia e negli sfottò da bar, andando a scavare in quell’inizio anni ’80 milanista, pieno di sorprese e inganni, speranze e disillusioni, voglia di ritornare in troppo poco tempo una squadra da rispettare. Taccone è sempre vicino alle vicende del campo e societarie di quegli anni, non se ne allontana per fare spenta retorica da “siamo solo noi”, ma accompagna il lettore in un bosco intricato e fitto in cui pochi ad oggi hanno messo davvero becco, più felici e contenti di scrivere una nuova riga sugli Invincibili. Io c’ero in quegli anni ma è come se non ci fossi, troppo piccolo per ricordare veramente e non per riflesso; per questo leggere di quei calciatori, con le loro parole in presa diretta è un plus niente male. Farsi buttare poi nella cronaca vissuta attraverso le parole di gente come Alfio Tofanelli, direttore di “Tutto B” (perché l’editoria sportiva italiana è morta?), Gualtiero Zanetti, il David Messina di “Forza Milan”, Sebastiano Vernazza è un momento da gustare con calma.