Questa è una versione della pagina per dispositivi mobili, vedi pagina originale.
Per molti in questi anni DC e Juve hanno significato cose accomunanti: squadra e partito paese, dove tutti potevano riconoscersi in una medietà figlia della poca competenza, ovvia per una popolazione che la mattina deve andare a lavorare; rifugio di senso per i tanti alla ricerca di sicurezze e sistematicità in due campi complicati da decifrare; fulcro di un sistema intricato e retto dalla poca trasparenza di tutti gli avversari; specchio nazionale di rappresentanza, ambasciatrici dei nostri modelli di stato e di calcio.
La Juve come la DC aveva pochi ma ottimi appassionati veri che ne propagandavano i buoni frutti e le perfette intese, moltissimi aderenti che, turandosi il naso, erano vicini alle squadre vincenti, molti ma divisi avversari i quali, consci del potere di sistema che le due squadre facevano, si adattavano cercando i loro spazi.
I percorsi paralleli di Juve e DC, molto vicini fino all’inizio degli anni ’90, si sono distanziati con Tangentopoli, fine di una Repubblica tenuta su dalla guerra fredda e dagli interessi di un settore industriale che la fine degli anni ’80 aveva irrimediabilmente trasformato. La Juve ebbe un contraccolpo con il nuovo potere milanista diventato d’un tratto irraggiungibile, ma le capacità di Agnelli di capire chi poteva ridefinire un nuovo sistema ha portato alla Triade e ad altre vittorie.