Letteratura Sportiva

Giappone-Jiro Taniguchi. "In una lontana città" – 32 squadre-32 libri

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Per questi Mondiali metto una fiche color fiducia sul Giappone, puntando su un loro quarto di finale. Basta che il girone eliminatorio non sia proibitivo e sono quasi certo che la squadra nipponica a Sud Africa 2010 arriverà ai quarti di finale. Perché tale convinzione? Takeshi Okada non è un allenatore-immagine, ha giocato bene nel Fukurawa Eletric (storica squadra della omonima compagnia elettrica, ha vinto due Japan Soccer League nel 1976 e nel 1985, 4 Coppe dell’Imperatore e nella stagione 1986/87 ha vinto anche l’Asia Club Championship. Nel girone finale ha superato gli iracheni del Al-Talaba, i cinesi del Liaoning F.C. e i sauditi dell’Al-Hilal, battendoli in casa a Riyadh per 3-4) e ha allenato ancora meglio Consadole Sapporo, portandoli in J League 1 e gli Yokohama F. Marinos vincendo due volte la J League nel 2003 e nel 2004. Alle dipendenze di Okada ottimi giocatori di provata esperienza: Yuji Nakazawa, core de Giappone in difesa e pupillo di Okada, Yuichi Komano a centrocampo, Nakamura a mettere classe, Daisuke Matsui per i contropiede e Keiji Tamada per gli sfondamenti. Accanto a questa cricca di bucanieri, giovani che i giornalisti dicono già cazzuti: Yuto Nagatomo che non gioca sempre con l’F.C . Tokyo, Atsuto Uchida, speranza occhi a mandorla per la difesa, Keisuke Honda a centrocampo per sveltire manovra e pensieri e Shinji Okazaki di punta, che ad oggi ha segnato a valanga in Nazionale e su cui Okada punta molto per ingannare le lente difese avversarie.

Se questa è la squadra e mi piace un sacco, è giusto collegarla ad uno dei più bei libri che abbia mai letto, “In una lontana città” di Jiro Taniguchi. Graphic Novel da togliere il fiato per spunto narrativo (un adulto torna figlio nella città della sua adolescenza), tratto (morbido e pulito come i migliori manga), resa psicologica dei personaggi (Hiroshi è adulto e bambino insieme, e Taniguchi vela il gioco senza mostrarci come fa a rendere la doppia identità) e finale della storia (nel primo passato, il padre di Hiroshi va via da casa alla fine di quella estate. Hiroshi soffre anche lui per la cattiva banalità del quotidiano che spinge il padre a scappare. La fuga all’indietro di Hiroshi lo mette nei panni del padre e gli fa aprire gli occhi: tutti i giorni sono da vivere per quello che danno, la noia del vivere può essere anche compresa e gustata, se gli affetti restano tali e le luci di un’esistenza, magari poche, rendono felici anche solo per un attimo).

Ma una tavola, fra le altre, è da rileggere e rivedere fino a stancarsi. Di questo strano Hiroshi prende una cotta una ragazzina meravigliosamente disegnata, che supera la timidezza dei suoi anni per dirglielo. La resa di quel tenero sentimento è tutta negli occhi, grandi e lucidi. Dall’altra parte un adulto non può che sottrarsi alla bellezza di questo fremito d’amore. Quando accade, un disegno riesce a creare l’atmosfera di dolore adolescenziale più vera e toccante che abbia mai visto, incluse persone in carne ed ossa ovviamente. Alla fine di quella pagina, non puoi non chiederti come un signore di 51 anni possa esprimere con quella profondità i sentimenti di una quattordicenne. Per me è genio più che cuore.

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