Se questa è la squadra e mi piace un sacco, è giusto collegarla ad uno dei più bei libri che abbia mai letto, “In una lontana città” di Jiro Taniguchi. Graphic Novel da togliere il fiato per spunto narrativo (un adulto torna figlio nella città della sua adolescenza), tratto (morbido e pulito come i migliori manga), resa psicologica dei personaggi (Hiroshi è adulto e bambino insieme, e Taniguchi vela il gioco senza mostrarci come fa a rendere la doppia identità) e finale della storia (nel primo passato, il padre di Hiroshi va via da casa alla fine di quella estate. Hiroshi soffre anche lui per la cattiva banalità del quotidiano che spinge il padre a scappare. La fuga all’indietro di Hiroshi lo mette nei panni del padre e gli fa aprire gli occhi: tutti i giorni sono da vivere per quello che danno, la noia del vivere può essere anche compresa e gustata, se gli affetti restano tali e le luci di un’esistenza, magari poche, rendono felici anche solo per un attimo).
Ma una tavola, fra le altre, è da rileggere e rivedere fino a stancarsi. Di questo strano Hiroshi prende una cotta una ragazzina meravigliosamente disegnata, che supera la timidezza dei suoi anni per dirglielo. La resa di quel tenero sentimento è tutta negli occhi, grandi e lucidi. Dall’altra parte un adulto non può che sottrarsi alla bellezza di questo fremito d’amore. Quando accade, un disegno riesce a creare l’atmosfera di dolore adolescenziale più vera e toccante che abbia mai visto, incluse persone in carne ed ossa ovviamente. Alla fine di quella pagina, non puoi non chiederti come un signore di 51 anni possa esprimere con quella profondità i sentimenti di una quattordicenne. Per me è genio più che cuore.
mi hai incuriositò un bel pò. acquistero presto il libro-manga!
ciao luca
l’ho letto appena adesso.proprio chiuso un minuto fà.il tempo di ricercare il tuo post e di ringraziarti
luca