Piegavo delle mutande seduto sul letto e avevo la tv accesa su Rai Sport. Termina un evento a cui ho dato pochissima attenzione e inizia un programma amarcord. La presentatrice descrive brevemente che vedremo la sedicesima tappa del Tour de France 2000, la Briançon-Courchevel, che vedrà la vittoria di Marco Pantani su Lance Armstrong.
La trasmissione inizia e rallento il gesto ormai diventato quasi automatico (piego le mutande una volta ogni tanto e a un certo punto mi sembra di stare in catena di montaggio). Guardo, ci sono Laurent Jalabert, Richard Virenque, Roberto Heras, Lance Armstrong e ovviamente Pantani. Mi fermo del tutto perché è una bella tappa e poi Pantani vincerà, me la voglio gustare.
Passano pochi secondi però e mi chiedo: “Ma che sto guardando? Se voglio stare bassissimo, un terzo dei corridori che stanno correndo erano dopati. Al tempo non lo sapevamo, oggi lo sappiamo, quindi che sto guardando?”.
Vai su youtube, scrivi “100 metri Marion Jones”. Guarda la gara.
Ecco, questo è l’effetto che mi ha fatto guardare quella tappa. Non ho provato nulla, non dico l’emozione dello sport che accade sotto i nostri occhi, anche perché conoscevo tutto e l’avevo vista al tempo, ma non c’era nemmeno la minima emozione del “c’ero” o del vintage spinto che tanto ci piace. Non ho provato assolutamente nulla perché nulla era quello che stavo vedendo. Quel Tour lo avrebbe vinto un corridore che poi si saprà era chimicamente alterato dal doping voluto dall’intero sistema.
Non mi era mai successo prima di non provare nulla. Eppure delle volte mi sono afflitto stralci di partite come Pisa-Napoli del 1987, per dire che non sempre mi allieto con i classiconi.
A un certo punto ho spento la tv e ho continuato con le mutande.
E ora vi chiedo, perché io non ho nessuna risposta. Ma come dobbiamo valutare lo sport che sappiamo essere stato chimico? Come dobbiamo guardarlo? Come dobbiamo parlarne oggi? Non era sport in quel momento, era semplicemente una gara tra macchine di carne, tra bolidi fatti di sangue accelerato.
Chi si dopa fa più male agli occhi dei posteri che a quelli dei contemporanei.