Carl Schuhmann era un orafo, ma quando lasciava il suo posto di lavoro adorava esercitare il suo fisico, in tutte le prove in quel momento conosciute. Correva, saltava, ma soprattutto faceva ginnastica, alzava pesi e lottava. Tutto quello che si poteva fare con il corpo lo faceva.
Quando arrivarono le Olimpiadi di Atene 1896 questa sua poliedricità fu sfruttata dal Comitato tedesco, il quale lo iscrisse a tutte le gare di ginnastica, alla gara di lotta greco-romana, al salto in lungo, al salto triplo, al getto del peso e infine al sollevamento pesi, ma solo a quello a due mani, gli risparmiarono quello a una sola mano.
Era un grande atleta e vinse l’oro nel volteggio e nelle gare a squadra sulla trave e alle parallele. In atletica e sollevamento si difese ma è nella lotta che si distinse.
Le gare di lotta erano il fiore all’occhiello di quella edizione e infatti le donne e gli uomini della casa regnante di Grecia volevano vederle tutte.
Il primo sfidante di Schuhmann è uno dei grandi nomi dello sport di quel tempo, il britannico Launceston Elliot. Raccontare di Launceston Elliot è molto difficile in poco tempo. Si potrebbe almeno parlare della sua nascita, romanzesca, anzi thrilling già di suo. Il padre è Charles Elliot, che è stato governatore di Sant’Elena, succedendo a chi aveva tenuto sott’occhio Napoleone. Era al suo secondo matrimonio, ma un giorno, dai piani alti di un albergo in Tasmania sua moglie cadde e morì. Fatto increscioso e tragico. Ma Charles si fece capace subito, sposando come terza moglie la receptionist dello stesso albergo. Dalla loro unione nacque Launceston.
Anche Elliot aveva disputato altre gare in quelle Olimpiadi. La prima fu il sollevamento pesi a due mani. Alzò lo stesso peso del danese Viggo Jensen, 111,5kg. Come decretare il vincitore? Beh, chiediamo direttamente al re. Giorgio I di Grecia decise che Viggo era meglio perché aveva uno stile più sobrio, Launceston aveva alzato il piede. Così si vinceva un oro nel 1896 (in realtà la rappresentativa britannica protestò e i due alzatori cercarono di alzare un peso più grande ma non vi riuscirono).
Il britannico però si rifece, vincendo il peso a una mano e questa volta il re muto.
Quando andò a incontrare Schuhmann era bello carico ma perse. Ma la carica gli restò in corpo tanto è vero che iniziò a dare di matto e non voleva abbandonare l’area in cui aveva combattuto. Ancora una volta si dovette scomodare re Giorgio I, il quale scese dal suo piedistallo, entrò nell’arena e convinse Elliot a lasciare il campo.
Finale contro il greco Geōrgios Tsitas, idolo delle folle ateniesi.
10 aprile 1896, inizia nel pomeriggio inoltrato la finale più attesa. Dopo 40 minuti di lotta i due atleti sono stremati, ma è chiaro come Schuhmann ne abbia di più. Il sole è al tramonto. Chi può salvare il lottatore greco dalla sconfitta? Ma ovviamente ancora una volta re Giorgio I. Si alza e decide che bisognava sospendere, non si vedeva nulla. Schuhmann protesta ma che gli vai a dire al re che ha voluto la prima Olimpiade?
Il giorno dopo, sabato 11 aprile, si riparte alle 9 di mattina. Basta un quarto d’ora al tedesco per vincere. Il re gli va incontro e dice: “Lei è il più popolare uomo di Grecia, più popolare anche di me”.
“Dopo che mi hai fatto tanto tribulare”, gli avrei risposto io.