Nella partita contro Chicago, l’ultimo tiro per vincere senza overtime per i Cleveland Cavs lo ha preso Love e non LeBron James. Questo è un fatto che apre un discorso su quello che LeBron James ha cercato, tornando a Cleveland (tornando anche fisicamente ragazzo). T
utti si sono chiesti: ma come, l’unica sfida contemporanea a Michael Jordan è andato in una squadra media (anche dopo gli altri acquisti estivi) invece di insistere ancora con Miami, magari rinfrescandoli con nuovi campioni (con i tetti salariali da aggiustare ovviamente, ma questo poteva essere messo a posto)? E da queste prime partite NBA inoltre, James non sembra aver chiesto né ottenuto da Blatt quella supremazia assoluta che sarebbe stato l’unico altro piccolo motivo per una scelta di carriera del genere. Eppure LeBron sembra felice di tornare indietro invece che andare avanti.
Il suo progetto è tentare in mezzo a grandi difficoltà di vincere con una squadra normale, diventando eroe popolare invece che icona monumentale di supremazia totale, sopratutto nei record. Vuole una vittoria contro un destino invece di una lotta contro i destini di chi è stato il più grande.
Da un certo punto di vista, questa scelta sembra essere anche quella di Lionel Messi. Questa estate, come per LeBron che poteva vincere ancora l’anello a Miami e puntare i record di Jordan, Messi doveva vincere da protagonista il Mondiale e abbracciare Maradona sul trono del più grande. Non ci è riuscito e adesso vediamo un Messi ridimensionato in tutto: nel raggio d’azione, nella fame di reti, nella ingordigia mediatica.
Messi è uno dei grandi calciatori di un Barcellona che non è più la squadra migliore al mondo e sta rinascendo grazie a nuovi talenti da inserire nell’organico. Anche Messi, come LeBron, non sembra avere più voglia del primato nei numeri a tutti i costi ma di una vittoria che ne faccia un mito inaspettato, proprio quando per tutti sembrava tramontare.
Il cammino da underdog degli ultimi due potenziali GOAT di calcio e basket sarà molto affascinante.