C’è stato un momento nella storia del calcio in cui sembrava difficile inserire il talento in una ferrea organizzazione di squadra. Pirlo ha prima subìto questa tendenza e poi in un certo senso l’ha ribaltata (grazie a Mazzone e al rinsavimento di Ancelotti che aveva detto no a Baggio). Perché proprio Pirlo ha fatto questo mezzo miracolo?
Davanti a tutto metto il talento unico e l’intelligenza – altrettanto unica – del giocatore, di Pirlo, il fatto che alla fine avesse delle qualità perfette per interpretare quel ruolo in quel modo. Allo stesso tempo, però, credo anche che il calcio, in quel momento storico, vivesse un momento di stagnazione ed esasperazione tattica, il sacchismo – soprattutto in Italia – aveva fagocitato tutto e c’era voglia/necessità di evadere, di avere un po’ di libertà in più. Andrea, come dire, è comparso come l’uomo giusto al momento e nei posti giusti: quelli dove c’erano Mazzone e un Ancelotti diventato meno rigido – forse anche lui era un po’ stanco del suo stesso dogmatismo.
Quello che emerge dal libro, se parliamo di qualità calcistiche di Pirlo, è la sua innata e incredibile capacità di vedere il gioco. E’ davvero qualcosa di troppo “intimo” o un giorno riuscirà a trasferirlo a una squadra e a diventare un buon-ottimo allenatore?
Faccio un piccolo spoiler. Nel libro c’è un aneddoto che risale alla sua esperienza in Turchia, sulla panchina del Fatih Karagümrük: durante un allenamento, un giocatore gli ha detto chiaramente che «la giocata che mi hai chiesto potevi farla tu, non io!». Ecco, non sappiamo se in quel caso si parlasse di pura tecnica o di visione di gioco, ma credo che entrambe siano doti naturali difficilissime da trasmettere. E poi non penso che il problema di Pirlo in panchina sia (solo) questo, secondo me è proprio una questione di concetti, di idee: il calcio che aveva in mente – o che dice di avere in mente – è davvero utopistico, occorre allenare una grande squadra e occorrono anni per mettere a punto e per far fruttare quel tipo di modello. Anni che la Juve non gli ha dato, che forse poteva dargli o forse no, ma di certo il 2020 non era ancora il momento giusto per un’esperienza di quel tipo. Forse non lo è/sarebbe ancora.
Altra cosa che emerge e che fa capire quanto sia stato rivoluzionario per il calcio anche contemporaneo, è il fatto che il Milan, una delle squadre migliori del momento, si sia adattato a lui, dandogli la scansione ritmica della squadra. Perché è riuscito ad avere questo atto di fiducia così impegnativo?
Beh, secondo me il motivo è molto semplice: il Milan di Ancelotti era una squadra sospesa tra il calcio anni Novanta e quello che vediamo oggi, che faceva possesso e poi verticalizzava sulle punte. Pirlo era perfetto per fare entrambe le cose, per raffreddare il pallone sotto pressione ma anche per accelerare, per gestire il flusso ma anche per tagliare il campo all’improvviso con un lancio al centimetro.
Secondo te perché sentivamo anche con le orecchie (cosa che succede con pochi altri) i calci che Pirlo dava alla palla?
Perché erano calci perfetti, da questo punto di vista Andrea era inimitabile: raramente ho visto (in questo caso sarebbe più giusto dire «ho sentito», ma ci siamo capiti) un calciatore usare così bene tutte le parti del piede per muovere il pallone.
Il 3-5-2 di oggi, che domina in Italia (perfino in Nazionale) è sicuramente contiano (la sua prima Juve). Ma quel modulo è la soluzione per tenere dentro Pirlo e dargli la squadra in mano. Lo standard italiano di oggi è secondo te fortemente pirliano?
No, secondo me non più. Un tempo era certamente così, adesso invece il nostro calcio produce difensori molto bravi a muovere e a condurre la palla e tanti esterni a tutta fascia, quindi la super-diffusione del 3-5-2 è un adattamento inevitabile a un nuovo contesto. Tornando a Pirlo, poi io credo che una parte del suo modo di fare regia sia diventato obsoleto o comunque secondario. Anzi, per anni ho sentito di odiare profondamente chi (mi) diceva quanto mancasse un nuovo Pirlo, chi auspicava la manifestazione di un centrocampista con le sue caratteristiche: sono convinto che, nel gioco di oggi, il suo modo di muovere il pallone e la squadra non funzionerebbe, o comunque non funzionerebbe altrettanto bene.
Descrivi un bambino e ragazzo che pensava di essere il migliore. Un grado di consapevolezza nei propri mezzi enorme. Però questo non l’ha fermato nella crescita e nello sviluppo. Quanto si deve essere bravi nel proprio settore per fare una cosa del genere?
Devi essere strepitosamente bravo e anche molto stabile dal punto di vista emotivo, in modo da riuscire ad attraversare e a superare le critiche, i movimenti negativi. Nel suo caso, direi che entrambe queste doti ci sono tutte, in abbondanza, al punto da farlo tracimare nella supponenza.
E’ stato l’ultimo grande tiratore di punizione, quello che ti fermi per vedere come va a finire? Perché oggi non si segnano più?
Io credo che la combo tra il maggior atletismo dei portieri, la nascita del coccodrillo e il fatto che i calciatori (quindi i difensori) siano sempre più alti abbia un certo peso, nel calo dei gol su punizione. Forse c’è anche meno cura intensiva, in allenamento, del fondamentale del tiro da fuori: è una soluzione statisticamente meno conveniente e che quindi viene usata sempre meno. Può sembrare poco romantico, molto probabilmente lo è, ma non vuol dire che non sia esatto, dal punto di vista dei risultati in campo.
Quando arriva alla Juve da allenatore secondo me c’è un grande problema di attese. La dirigenza Juve voleva semplicemente un Sarri senza le dita nel naso e accettato senza frizioni dai vecchi dello spogliatoio. Perché Pirlo non è riuscito invece a imporre una sua idea?
Beh, in realtà credo che le colpe siano quantomeno da condividere: ho già detto che le idee tattiche di Pirlo erano utopistiche, ma è vero pure che quei vecchi di quello spogliatoio avevano già rigettato lo stesso Sarri. Come dire: Andrea forse non era pronto, ma quella Juve iniziava a sapere di vecchio, di stantio, di oltranzismo, quindi forse qualsiasi allenatore avrebbe fatto fatica.
Chi gli somiglia oggi?
Nessuno, e a me viene da dire per fortuna: credo che il tempo dei registi alla Pirlo sia finito da un bel po’, magari adesso anche in Italia riusciamo ad affrancarci da quell’ideale, a staccarci dal suo fantasma.