Le elezioni del 18 e 19 aprile 1948 sono da sempre ricordate come quelle della decisione definitiva: stare di qua o di là, anche se sappiamo che di là forse non ce l’avrebbero nemmeno permesso.
Ma al di là di questo, il calcio. In quegli anni il Grande Torino vinceva e faceva bellezza, ovunque andasse. Avrebbe vinto anche questo campionato, uno dei meno lottati tanto è vero che i punti per i granata sarebbero stati alla fine 65 contro i 49 del Milan. La 30° giornata non si gioca il giorno delle elezioni, il 18 aprile. Si dà precedenza a uno dei momenti più importanti della nostra storia repubblicana (mi sembra giusto). Le partite vengono spalmate tra il 15 e il 21 aprile.
La prima sfida del 15 è quella tra l’Inter di Carlo Carcano, l’allenatore del quinquennio d’oro della Juve anni ’30 (i ricorsi vedi che ricorrono: la Juve stravince e l’Inter dopo un po’ prende l’uomo delle vittorie: Carcano, Trapattoni, Lippi, Marotta, Conte. Non sempre va benissimo però) e il Livorno di Mario Magnozzi, che è come dire Livorno perché simbolo della città con 29 presenze e 13 gol in Nazionale. Beh in questo incastro chi la risolve? Uno di Borgo a Buggiano, anzi quello di Borgo a Buggiano, Benito Lorenzi, Veleno per amici e nemici.
Il giorno prima delle votazioni si gioca molto. A Salerno arriva la storia, quella che ancora oggi per fortuna si ricorda. Al Comunale, che poi diventerà Vestuti e che il sottoscritto ammirava ogni giorno andando a scuola, scende in campo il Grande Torino. Si narra che questa è stata la “scorciata di maniche” più emblematica di Valentino Mazzola. Segnano i granata di Salerno con Renzo Merlin, pareggia Gabetto dopo dieci minuti e alla mezz’ora qualcuno sfotte i grandi. “Chest è tutt!”. Valentino scorcia quello che deve scorciare e in 20 minuti 3 gol di Gabetto, Ossola e il Capitano. “Statemi bene!”.

Lucchese Alessandria finisce 2-1, i piemontesi alla fine andranno in B e questa partita conterà tanto. Eroe rossonero e l’enfant du pays Danilo Michelini, nato, morto, cresciuto e pasciuto a Lucca, al di là di qualche giro per la Penisola da calciatore e allenatore.
Fiorentina-Bari invece non ha storia. I viola vincono 2-0 e in attacco gioca molto bene un certo Valcareggi Ferruccio, di cui sentiremo ancora parlare. Nel Bari c’è un altro “certo”, il certo in questione è Maestrelli Tommaso.
Il partitone del 17 aprile è Atalanta-Milan, la partita che segna il declino dei rossoneri fino a quel momento in testa alla classifica. La sfida è dura e la decide Francesco Randon. Nell’Atalanta c’è un’aletta simpatica e con delle idee, Edmondo Fabbri, detto Mondino, nel Milan gente forte come Gratton e Tognon e due attaccanti che non sfiguravano nemmeno davanti a quelli vestiti di granata. Ettore Puricelli, “testina d’oro” nato a Montevideo e precedentemente cavaliere senza macchia a Bologna, e Riccardo Carapellese, lui invece “troppo italiano”, essendo nato a Cerignola, ma cresciuto nel Torino. Ha segnato in 9 partite delle 16 che ha giocato in Nazionale. Per questo, da ricordare sempre.
Altre due partite poi il 17. Triestina-Pro Patria 4-1. Non una partita da poco al tempo, la Pro finirà ottava in classifica, la Triestina seconda. Gli alabardati trovarono una stagione indimenticabile di Ivano Blason, Mario Begni e Licio Rossetti, ma a segnare due doppiette in quella partita saranno Antonio Gordini e Bruno Ispiro. Molti dei giocatori triestini del tempo vengono allenati in quel periodo sia da Nereo Rocco e nel 1950-51 da Bela Guttmann. Beati loro! E pensare che la più bella Triestina di sempre giocava in una città divisa e non ancora del tutto italiana.
L’altra fu Bologna-Vicenza. Il Bologna non era più che la squadra che “tremare il mondo” faceva, ma era comunque temibile. Sulla fascia destra c’era il signore di Bologna, Amedeo Biavati, in attacco Bruno Arcari che non era il pugile, campione mondiale WBC dei pesi superleggeri, e nemmeno Carlo, lui invece calciatore detto Arcari I, né Angelo, detto Arcari II e neanche Sante, che poi usava il secondo nome Pietro, campione del mondo nel 1934 e per tutti Arcari III. Insomma era Arcari IV, che casino! Segna i due gol per il 2-1 finale Giuseppe Baiocchi, che non è il giornalista del Corriere della Sera, anche perché questi è nato nel 1950, basta con questi incastri!
Il 21 aprile, con la DC trionfante in strada, due partite pesanti.
Juve-Napoli 1-3, che detta così sembra un mezzo miracolo e invece successe, a mia memoria, anche nel 1958 con Luis Vinicio che vince la sfida con John Charles e poi nel 1987, quando il Napoli vinse il primo scudetto. Nel 1948 il Napoli aveva una squadra sfasciata, terminerà ultimo in classifica, ma non si sa come vincerà quella gara. Segna tre gol Carlo Barbieri, che non è lo scrittore per ragazzi (e dalle!!!), ma l’ala che quel giorno diventò enorme. Tre gol a Torino, molto anni dopo solo Careca. Tante storie in questa partita, una fra le altre. Vittorio Sentimenti della Juve sfidava il Napoli allenato dal fratello Arnaldo (non mi metto a fare la manfrina di prima, ovvero “non questo Sentimenti, ma l’altro” perché con i Sentimenti finiamo domani mattina).
L’altra partita seria fu Roma-Lazio 0-2. Nella Roma giocava già un Losi, non “Core de Roma” Giacomo, ma Omar, detto Losetto. C’era Amadei che sembrava giocare da una vita ma aveva solo 27 anni, Bruno Pesaola. Era una bella Roma anche se stava per andare in B e la partita dello shock fu proprio questa contro una Lazio tosta come il suo allenatore, Orlando Tognotti. Simbolo di quella squadra il portiere, Uber Gradella (amato persino dai tassisti di fede biancoceleste). Nel gennaio successivo, durante Atalanta-Lazio, in uno scontro con una decina di uomini tra avversari e compagni si frantuma il ginocchio, che si gira completamente. Quasi non si regge in piedi e ha il ginocchio fuori asse rispetto al resto della gamba ma non lascia la porta. L’infortunio è così grave che resta un anno fermo, torna e gli piazzano davanti Sentimenti IV (erano così tanti che sbucavano da tutte le parti). Non può giocare nella sua amata Lazio e allora si ritira.
Ultima partita di giornata, il 22 aprile in tutta comodità, un altro derby, quella di Genova. Sampdoria-Genoa 1-1. Per il Genoa è un buon risultato perché quella è la Samp dell’“attacco atomico” formato da Adriano Bassetto, detto “Nane”, che vomitava ogni volta doveva giocare e Giuseppe Baldini, detto “Pinella”, che è morto nel 2009 proprio due giorni prima del 101esimo derby della Lanterna (segno 6 gol in questa sfida ma con tre maglie diverse, Andrea Doria, Sampdoria e Genoa). Di seguito un po’ di immagini dell’andata, perché quelle del ritorno erano finite.
Riposava il Modena. Beh, essendo Modena i calciatori il 18 aprile avranno tutti votato serenamente Fronte Popolare, ma non bastò.